PISA: INTERVENTO DEL PRESIDENTE DI AISTA FRANCO TORCHIA
PROGETTO VILLAFRANCA IN LUNIGIANA – L’IDROGENO COME “CONGIUNTORE”
Di seguito pubblichiamo la prima parte dell’intervento del Presidente di Aista Franco Torchia
La grande sfida lanciata dalla Commissione europea con il New Green Deal di costruire una società equa e prospera con un’economia moderna e competitiva attraverso la strada di una transizione verde, di ridurre le emissioni di gas serra e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, passa necessariamente dallo sviluppo dell’idrogeno verde.
L’obiettivo europeo è quello di coprire la domanda di 20 milioni di tonnellate di idrogeno verde la metà da produzione interna e l’altra metà da importazioni.
In questo senso il progetto SoutH2 Corridor che punta a trasportare idrogeno verde dal Nord Africa all’Europa è fondamentale e strategico.
Bisogna però fare presto perché la Cina sta investendo in modo massiccio nella ricerca e nello sviluppo industriale del settore dell’idrogeno.
Gli Usa avevano avviato una grande progetto di produzione di idrogeno verde ma oggi con la nuova presidenza Trump non sappiamo ancora cosa faranno.
L’Italia sta spingendo notevolmente in questa direzione.
In particolare la Strategia nazionale che sarà presentata e resa pubblica dal Ministro Pichetto Fratin la prossima settimana spinge sulla decarbonizzazione dei settori maggiormente energivori come la chimica, la raffinazione e la produzione di cemento, ed in particolare l’industria dell’acciaio che potrebbe beneficiare in modo significativo del ritorno degli investimenti previsti.
Il governo punta molto anche all’utilizzo dell’idrogeno nel settore dei trasporti di terra e marittimi e soprattutto sul comparto aereo che rappresenta uno dei settori più energivori e con maggiori potenzialità di riduzione delle emissioni di gas serra.
La decarbonizzazione del settore dei trasporti, responsabile di una grande quantità di emissione di carbonio, è assolutamente essenziale per garantire la transizione dell’Europa verso un’economia a emissioni zero.
Però prima è necessario fare il punto sulla situazione in Italia.
Il PNRR aveva inizialmente destinato 3,64 miliardi al settore, su tutta la filiera, per creare domanda e offerta, supportando sia la produzione dell’idrogeno sia gli utilizzi finali.
Complessivamente oggi le 6 linee d’investimento hanno una dotazione di 2,9 miliardi.
Perché nel frattempo ci sono state varie rimodulazioni, la più importante delle quali ha riguardato il miliardo di euro riservato al progetto di produzione di acciaio green e quindi alla decarbonizzazione dell’Ilva di Taranto che è stato stralciato interamente dal PNRR per essere finanziato con altre risorse.
Alle hydrogen valley inizialmente finanziati con i 450 milioni sono andati 590 milioni per finanziare 54 progetti su 140 domande di cui 93 approvati.
Con le risorse aggiuntive sono stati finanziati altri 14 progetti che erano stati ammessi parzialmente e 9 ammessi ma non finanziati.
Le opere dovranno essere completate entro il 30 giugno del 2026.
Purtroppo molti di questi progetti devono ancora partire a causa del ritardo sul rilascio delle autorizzazioni uniche. E’ infatti di questa settimana il bando di gara per la realizzazione dell’impianto relativo alla “Hydrogen Adige Valley”.
Basteranno 18 mesi per la costruzione dell’impianto ?
Sappiamo già che il Ministro Fratin sta trattando a Bruxelles una proroga della scadenza.
L’Italia ha un forte potenziale per lo sviluppo dell’idrogeno verde e come gli altri paesi europei deve affrontare alcuni ostacoli che ne limitano la crescita:
1) costi di produzione ancora troppo elevati e non in grado di competere con altri carburanti di origine fossile
Come sappiamo il costo di produzione dell’idrogeno verde è determinato principalmente dal costo dell’elettricità (che rappresenta il 60% circa del costo totale) e degli elettrolizzatori (40% circa).
Il costo dell’energia rinnovabile in 10 anni è diminuito mediamente del 70 %. Il costo degli elettrolizzatori rimane ancora molto elevato e su questi andrebbero indirizzate maggiori risorse finanziarie, anche dobbiamo essere onesti e raccontarci la verità.
Sembra infatti che da parte del settore industriale non si presti molta attenzione a questo aspetto se pensiamo che il Ministero ha dovuto prorogare a maggio di quest’anno il bando PNRR per la produzione degli elettrolizzatori e nonostante ciò il mese scorso dei 100 milioni di dotazione sono stati assegnati solo 9 milioni a 4 aziende di cui una è qui presente in questa giornata (Erreduegas)
2) la necessità di disporre di grande quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili
Secondo alcune stime per consentire il pieno sviluppo della filiera dell’idrogeno verde in Italia serviranno almeno altri 70 GW di rinnovabili. Quindi c’è ancora tantissima strada da fare se pensiamo che, secondo il rapporto del GSE, nel 2023 la produzione di energia dal solare fotovoltaico è stata di circa 32 GW.
3) la mancanza di infrastrutture
L’Italia è dotata di una importante rete infrastrutturale per il trasporto del gas, superiore a quella di molti altri paesi europei. La rete esistente potrebbe essere parzialmente adeguata al trasporto di idrogeno rinnovabile.
In Italia come altrove è già in fase di sperimentazione la miscelazione nella rete gas per il trasporto dell’idrogeno sino al sito di consumo, il famoso blending.
Le caldaie di ultima generazione possono già funzionare con una miscela di metano e il 20% di idrogeno.
Sono tre elementi fondamentali per lo sviluppo del mercato dell’idrogeno che richiedono investimenti significativi come si è fatto in passato per tutta la filiera delle rinnovabili.
Ad oggi, il principale strumento di finanziamento per i progetti nazionali è stato il PNRR, a cui si è aggiunta la Banca Europea dell’Idrogeno nata per incentivare la produzione di idrogeno green nella UE con un sussidio, riconosciuto per un periodo massimo di 10 anni.
La Banca lo scorso anno ha lanciato una prima asta di 720 milioni di euro del Fondo per l’Innovazione, assegnati lo scorso mese di aprile a 7 progetti europei, di cui 3 alla Spagna, 2 al Portogallo e 1 ciascuno a Finlandia e Norvegia. Ovviamente, come al solito, l’Italia non c’è.
Il 3 dicembre 2024 si aprirà la seconda Asta con una dotazione di 1,2 miliardi di euro.
Speriamo di esserci almeno in questa.
Sul lato degli investimenti una notizia importante arriverà la prossima settimana quando sarà presentata la Strategia nazionale per l’idrogeno.
Secondo quanto è trapelato i numeri sono buoni ma non esaltanti.
L’Italia investirà nella filiera dell’Idrogeno circa 18 miliardi di euro entro il 2030 per raggiungere una produzione interna al 2025 di 2,27 milioni di tonnellate di idrogeno.
Si punta molto sugli elettrolizzatori di cui si prevede l’installazione di circa 19 gigawatt entro il 2030.
Gli elettrolizzatori rappresentano una tecnologia chiave per la produzione di idrogeno verde.
Gli investimenti nella produzione di idrogeno verde devono andare di pari passo con quelli necessari per la creazione di una rete globale di infrastrutture di ricarica e rifornimento dei veicoli.
Quelle programmate e finanziate dal PNRR sono assolutamente insignificanti.
E fino a quando il mercato dell’idrogeno non sarà cresciuto in modo adeguato gli investimenti devono essere coordinati e soprattutto mirati altrimenti torniamo al solito ritornello del cane che si morde la coda. Non si fanno le installazioni di punti di ricarica perché ci sono pochi veicoli da alimentare.
In questo contesto sarebbe meglio evitare di costruire le solite cattedrali nel deserto.
Un altro punto debole dell’Italia ed ostacolo allo sviluppo della filiera dell’idrogeno è sempre stata la regolamentazione fino a poco tempo fa assolutamente assente ed ora frammentaria e poco chiara sulle Autorizzazioni integrate ambientali e sulla Valutazione di impatto ambientale.
Le complessità normative e regolatorie generano incertezza sul mercato e rallentano gli investimenti.
Il governo deve intervenire possibilmente con un Testo unico per uniformare le norme e dare certezza interpretativa.
Un importante tassello è arrivato con il decreto ambiente approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 ottobre e attualmente in discussione in Parlamento.
Il decreto introduce nuove misure in materia di valutazioni ambientali e fissa delle corsie preferenziali per le autorizzazioni per i nuovi impianti solari di almeno 50 Megawatt e nuovi impianti eolici su terra di almeno 70 Megawatt, sperando ovviamente che questo non rallenti l’iter per le autorizzazioni di potenza minore.
Ma quello che più ci piace è che il decreto contiene due priorità assolute ovvero i progetti legati all’idrogeno verde e alla decarbonizzazione beneficeranno di agevolazioni e iter autorizzativi più rapidi.
Chi vivrà vedrà.