IL RUOLO DELL’ECONOMIA BLU NELLA DECARBONIZZAZIONE

Luigi Campanella *

Con economia blu si intende tutte le industrie ed i settori economici connessi agli oceani, ai mari ed alle coste.

L’Unione Europea  punta anche su questa economia per conseguire gli obbiettivi di sostenibilità, a partire dalle strategie per la biodiversità.

In base a ciò tutti i settori dell’economia blu, pesca, acquacoltura, turismo costiero, trasporto marittimo, attività portuali e costruzioni navali dovranno ridurre il loro impatto ambientale e climatico.

L’annuale rapporto della UE sulla BLUE ECONOMY fa il punto sullo stato dell’arte ad oggi fornendo preziosi elementi conoscitivi al potere politico.

Due elementi di novità rispetto ai Report degli anni precedenti sono rappresentati dai capitoli dedicati alla transizione energetica ed agli impatti delle inondazioni costiere.

Il primo dato che colpisce è l’incremento complessivo dell’economia blu nel periodo 2020-2023 raggiungendo i quasi 80 miliardi di valore, corrispondente a oltre 600 miliardi di indotto, con un aumento dell’occupazione del 17%, corrispondente all’1,8% di tutta la forza lavoro dell’UE.

I settori consolidati comprendono le risorse biologiche marine, le risorse marine non viventi, le energie marine rinnovabili, le attività portuali, il trasporto marino, il turismo.

Quest’ultimo fa la parte del leone con un incremento del 54%. Il settore che cresce più rapidamente, e non stupisce,  è quello delle rinnovabili marine passato in dieci anni da 100 milioni nel 2009 a 3,4 miliardi nel 2021.

Anche nell’economia blu si osserva come gli obbiettivi di decarbonizzazione dell’UE abbiano agito da opportunità commerciali e da potenziale di crescita economica nei campi della energia oceanica, della biotecnologia blu, della desalinizzazione.

Per la prima lo sfruttamento delle maree e del potenziale energetico che le distese di acqua possono offrire sono temi di ricerche ambientali innovative. La dissalazione si presenta come un campo a due facce, entrambe positive.

In carenza di risorse idriche adeguate crea una sorgente che per una penisola come l’Italia, é a larga portata.

La desalinizzazione realizzata con processi osmotici a membrana rappresenta la soluzione più interessante, peraltro in continuo aggiornamento per abbatterne i costi, ma l’altra opportunità è offerta dallo sfruttamento del gradiente di salinità che utilizza le differenze di contenuto di sale fra acqua dolce ed acqua salata.

Francia, Spagna, Portogallo e Svezia sono impegnati in questa linea in fase di sperimentazione in parecchi bacini europei.
Rispetto all’economia blu il nostro Paese, insieme a Spagna, Francia e Germania, è fra i primi contributori.

Il peso di tale economia rispetto ai valori nazionali  è ovviamente molto più rilevante nei Paesi insulari e con arcipelaghi, così si passa da un valore dell’11% per la Grecia ad uno dello 0,2% per l’Austria.

Infine per chiudere un triste capitolo, a cui avevo accennato, quello degli impatti delle inondazioni lungo le coste dei 27 Paesi Europei con costi oggi relativamente limitati a circa 1 miliardo, ma in continua crescita, destinato a divenire 137 miliardi nel 2100 con l’attuale trend.

* Già Presidente della Società Chimica Italiana e già Preside della Facoltà di SMFN di Sapienza,  Università di Roma.